SINTESI DEL MIO APPRENDIMENTO

La mia vita si è svolta principalmente tra i banchi di scuola, appassionatamente. Ciò mi ha spinto a scrivere, subito dopo aver lasciato il lavoro, il libro Sintesi del mio Apprendimento, dove riassumo ciò che ho imparato insegnando con gioia. Riprendo qui alcune riflessioni che si trovano nel libro, alla luce del periodo complicato che stiamo vivendo.

QUALE FUTURO PER LA SCUOLA?

“Scuola! Parte il piano ‘B’! “Scuola, il settore più massacrato!”. “Scuola, ripercussioni sul personale” .“Scuola, mascherine si, mascherine no”. “Scuola, di nuovo polemiche”

.Parole, tante parole che s’impongono sulla vita attuale ancora traumatizzata dalla pandemia del Covid19 e, quindi, completamente presa dalla necessità della sicurezza. La scuola mi sta molto a cuore e non solo perché ho trascorso buona parte della mia vita lavorativa tra i giovani, ma perché ho capito che gli studenti rimangono solo una piccola parte della loro vita sui banchi scolastici, ma fondamentale per la crescita della loro personalità. Con la loro educazione ci giochiamo il nostro e il loro futuro. Oggi, resi più fragili dalla paura e dalla sofferenza che il Covid19 ha causato, è ancora più urgente rafforzare la personalità dei nostri ragazzi con progetti decisi per non renderli influenzabili e vulnerabili; è importante informarli, certo, ma creando un filtro alle notizie che continuamente sommergono e caricano di paure e angosce, ricordando che la scuola non è una enciclopedia da trasmettere a studenti passivi che rischiano di crescere frivoli e incostanti, incapaci di lunghi e seri lavori, facili agli invitanti ‘copia e incolla’, in tal caso sarebbe meglio l’ignoranza che la boriosa semiscienza. Credo sia fondamentale avere a cuore, oltre la sicurezza fisica, anche un ambiente umano basato sul rispetto reciproco e l’accettazione delle diversità, la collaborazione, il lavoro di gruppo, la disponibilità e la condivisione, che aiutano ad apprendere meglio, con umiltà e serietà, che, alla fine, risulteranno vincenti per la persona, per l’ambiente, il lavoro. Perché la scuola deve allenare a vivere e vivere è saper osservare e conoscere, saper interagire con gli altri, sviluppare le proprie attitudini per realizzare i propri sogni, imparare ad avere consapevolezza dei propri errori e non ripeterli ma riuscire a rialzarsi dopo un’inevitabile caduta, ad assaporare e riconoscere un buon libro, della buona musica, incantarsi innanzi ad un’opera d’arte e non vivere di corsa ma riuscire a donarsi e donare del tempo per ascoltarsi e ascoltare, per pensare e riflettere .Credo sia questo un momento favorevole, anche se complicato, per un’ulteriore riflessione tra scienza, tecnologia e famiglia, in realtà già in atto nella società attuale, per un’educazione post pandemia che non dimentichi lo sviluppo della creatività umana nella programmazione della scuola, nei cambiamenti in atto. Mi aspetto che in questo particolare momento, ma favorevole alla soluzione di problemi scolastici in sospeso da tempo, ci sia una reale riflessione, incominciando dalle strutture e dalle aule spesso, in varie regioni d’Italia, piccole e insicure ad accogliere classi numerosi, e ad effettuare interventi individuali efficaci. Mi auguro che siano soprattutto le persone che operano nelle scuole a collaborare al miglioramento scolastico, avendo appreso sul campo ed essendosi adoperati per anni a risolvere le reali problematiche. Se, inoltre, si ha veramente a cuore l’avvenire degli uomini e delle donne di domani, perché non occuparsi, oggi, contemporaneamente, dell’emergenza sanitaria e di quella ambientale? Si dimostrerebbe, finalmente, di avere veramente a cuore il loro futuro. Mi chiedo cos’altro ruberemo ai bambini oltre ad averli privati di un ambiente sano in cui vivere il loro domani. I bambini. In questi giorni vengono descritti scenari paradossali, ipotesi per un rientro in società, con mascherine, rispettando le distanze tra loro, escluso qualsiasi contatto fisico, o lezioni online,…Imporre tali regole, seppur razionalmente necessarie in questo momento di emergenza, significa educare alla diffidenza, alla paura, alla solitudine, al distacco dall’altro. Chi ha lavorato tra i banchi di scuola sa quanto gli insegnanti investono nella socializzazione, nelle relazioni positive, promuovendo il contatto con i propri simili, nello sviluppo della creatività umana, nel rapporto tra gli alunni in classe e nella scuola, nei giochi, nelle attività, nel teatro, nelle uscite, momenti fondamentali per la crescita della loro personalità e per vivere con stabilità. Stare liberamente con i coetanei, ma senza assurde limitazioni, li aiuta a riconoscere con consapevolezza le loro emozioni, farle venire in superficie e viverle con equilibrio. Certo oggi ci sono emergenze e cambiamenti in atto per cui bisognerà formare gli studenti nella comprensione e nella preparazione adeguata delle necessarie mutazioni, ma che ciò non avvenga con restrizioni tali da compromettere seriamente il loro essere persone di domani, con il rischio, invece, di plasmare automi addottrinati e pronti a continuare ad obbedire alle continue emergenze. Bisognerà cercare e trovare soluzioni adeguate, affinché la paura non spinga a dimenticare la centralità della persona e la sua dignità. Certo non è facile esprimere suggerimenti senza rischiare di essere astrattamente retorica e impotente praticamente, risultando solamente un elenco di buone intenzioni. Ma correrò questo rischio scrivendo di seguito i miei sogni ad occhi aperti sulla Scuola. Sogno una Scuola sempre illuminata, accesa di curiosità e creatività, veicolo di relazioni. Sogno una Scuola consapevole che ogni persona è un essere unico e irripetibile, che nasconde sempre un talento, magari non appariscente o nascosto e che da ogni studente è possibile far emergere situazioni positive e inizialmente impensabili. Sogno una scuola che miri alla preparazione culturale degli allievi e che sia pronta e disponibile a percorsi, strumenti e contenuti anche alternativi, perché l’apprendimento non è solamente un esercizio mnemonico uguale per tutti, e trattare persone disuguali allo stesso modo è ingiusto. Sogno una scuola con un corpo docente costantemente formato e motivato che sia in grado di affrontare adeguatamente l’evoluzione della scuola nella società di oggi. Sogno una scuola che educhi, che si prenda a cuore di risolvere i problemi dell’involgarimento del linguaggio e dei costumi, del bullismo, della difficoltà nella relazione e nella comunicazione. Sogno una scuola consapevole che la famiglia è cambiata, che i genitori nell’attuale società sono, a volte, troppo occupati o preoccupati, assenti o stressati e che spesso la solitudine dei giovani non trova ascolto; che non esistono più quei riti che segnavano lo stacco tra un momento di crescita ad un altro, né il tempo per sostituirli con qualcosa con altrettanto incisivo, perché i ragazzi non corrano il rischio del vuoto intorno a loro che li porta a vivere, spesso estremizzando, il tanto pericoloso ‘deserto emotivo’, presagio di profonda solitudine. Sogno una scuola generosa, dinamica, che sappia interagire con le famiglie e il territorio per costruire un nuovo futuro per rinnovate persone, forse più sobrie ma più sicure. Sogno una scuola autentica, che non basi il suo insegnamento sull’ansia del voto, che abbia per scopo non il sapere ma il desiderio di sapere, l’amore per la conoscenza, e per dirla con Aristotele, che sia animato da un moto del cuore, senza il quale dubito avvenga l’apprendimento. Sogno una Scuola che abbia il fine non di istruire, ma di educare, da ex -duco, portare fuori qualcosa che è dentro, come ci insegna Socrate con l’arte della maieutica, per potenziare quello che c’è già dentro l’alunno e valorizzarlo. Sogno una Scuola in cui domini la gioia, perché per dirla con la Montessori, nessun alunno triste può raggiungere una vera conoscenza per recuperare, finalmente, il vero concetto di scuola: riuscire a fornire ai ragazzi, nella loro crescita e formazione, i mezzi per orientarsi nel percorso della loro vita e diventare se stessi. Caterina Condoluci

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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