Mi hanno chiesto più volte…

Mi hanno chiesto più volte, anche recentemente, perché scrivo saggi, narrativa e altro e, contemporaneamente, scrivo fiabe e racconti per bambini e ragazzi. Desidero, quindi, soffermarmi a spiegare perché scrivo in parallelo per grandi e piccoli. Innanzitutto perché è indescrivibile l’emozione che si prova quando si comunica coni giovanissimi pronti a scoprire e a meravigliarsi, specchiandosi nei loro occhi sognanti nell’immaginarsi un futuro, in un’epoca in cui sembrano essere scomparsi sogno e utopia. Poi perché ogni progetto serio inizia dalle fondamenta e i bambini sono la base della nostra società. Come si può realizzare il domani senza pensare a chi lo terrà sulle spalle? Bisogna, attrezzarli ad affrontare il futuro perché non sarà una passeggiata, e, se non lo faremo, da adolescenti, quando cercheranno la loro verità non ce la faranno e saranno perdenti.Non dimentichiamoci, inoltre, che la nostra è un’era di indicibile crescita della razionalità tecnica. In questo periodo, la donna e l’uomo si trovano in un meccanismo che non riescono a determinare e nel quale non vengono considerati come persone, anzi le peculiarità umane vengono eliminate, tanto da ridurre l’uomo e la donna, incapaci di soffermarsi a pensare, a un semplice ingranaggio dell’apparato che vede la macchina come riferimento. In tale situazione diventa sempre più difficile educare i più piccoli all’idea dello spazio e del tempo e del riconoscimento delle emozioni e delle sensazioni. Perciò è importante, a mio avviso, che fin da bambini siano chiare le necessità umane che governano il vivere e la natura, allenando sin da piccoli a pensare anche attraverso attività ludiche per mantenere una dimensione ottimistica dell’esistenza e sconfiggere comportamenti passivi. È necessario, quindi, che i bambini abbiano uno spazio dove possa avvenire il riconoscimento, hanno il diritto di vivere in un ambiente non inquinato e quello di poter accedere a spazi verdi e strade non pericolose, per stare tranquillamente assieme agli altri, crearsi, crescendo, la propria identità e vivere l’emozione dell’incontro, in una città che sia a misura di bambino. Muovendoci nelle città, in un continuo alternarsi di parcheggi, chiediamoci: “Dove sono i bambini?”. In realtà i bambini non vivono la città, vengono trasportati dai genitori o da chi in quella circostanza li sostituisce, da una parte all’altra per ogni situazione. Già nel 1992, nel corso della Conferenza di Rio, il primo incontro mondiale dei capi di stato sull’Ambiente, i bambini venivano riconosciuti come interlocutori privilegiati, capaci di offrire punti di vista originali e utili per promuovere una maggiore sostenibilità nelle nostre città. Il presupposto era che “Una città adatta ai più piccoli è in grado di garantire una migliore qualità di vita a tutti i cittadini”. A Rio, nel 1992, c’erano anche 1700 scienziati di tutto il mondo che, accoratamente e con prove alla mano, illustravano la drammaticità della situazione ambientale avvertendo che non c’era più tempo…Cosa fare per aiutare gli uomini e le donne di domani ad affrontare equipaggiati un’era così complicata? Oggi le scuole, le famiglie, le madri, che diventano mediatrici di tutti i significati e i valori del mondo, dovranno educare i bambini lontano dal pregiudizio e dall’imposizione sociale, considerando le loro caratteristiche, capacità, debolezze, talenti; dovranno educare alla non violenza, alla tolleranza, al perdono, ad indignarsi se serve, e ad impegnarsi alla realizzazione delle proprie scelte; dovranno educarli a credere nei loro desideri per aiutarli a trovare la loro vera vocazione e perseguirla, incoraggiare i loro sogni, spingendoli ad essere autenticamente se stessi, anche nelle imperfezioni e nelle diversità, nel rispetto di essere maschi e femmine; e non devono trascurare la Spiritualità, necessaria per vivere, e il sentimento estetico che può contribuire a scoprire la Bellezza e, quindi, aprire le porte alla gioia. Per acquisire competenze esistenziali quali l’empatia e la consapevolezza, attraverso la riflessione e il dialogo.E per costruire una società collettiva e umanizzante, con una nuova apertura al mondo, che vede e cerca negli altri le cose che uniscono non quelle che dividono. Ecco, per me da qui può iniziare il cambiamento per una società migliore, dall’Educazione. Senza lasciare un nuovo fardello sulle loro già cariche spalle, così allenati, educati e attrezzati, i giovani potranno salvare il nostro pianeta dalla fine, togliendolo dal disastro in atto in cui ci stiamo giocando il destino di tutta l’umanità. In realtà mentre scrivo mi vengono in mente i bambini e le loro famiglie assieme a leggere o ascoltare e poi commentare la storia da me narrata o le illustrazioni. Immagino il racconto che riesce a riunire la famiglia su una situazione che accomuna grandi e piccini, ad esempio il problema ambientale, come propone il libro “Il segreto di Tomasino, il bambino che parlava alle piante. Oppure sulla crisi dell’identità di genere e di crescita adolescenziale, come si legge nel libro per bambini e ragazzi “Pallina e Ciccio Pastrocchio”.

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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