Una visione, un incontro, una riflessione

Julia
Ho incontrato Julia per caso, mentre camminavo godendomi una splendida giornata di sole. Mi ha colpito subito il suo sguardo gioioso e la sua voce tranquilla. Mi ha salutato simpaticamente, senza conoscermi.
Mi sono fermata attratta anche dalla sua treccia raccolta sulla nuca, ormai rara ma a me famigliare, poiché mi ricordava la
pettinatura di mia nonna Caterina e di mia zia Maria, entrambe scomparse da tempo (vedi Marvicio-un giovane di Calabria). Il viso di Julia sapeva di vissuto, era ricco di ricordi ed era sereno.
Si è rivolta a me come se mi conoscesse da sempre e il suo sorriso mi ha scaldato il cuore.
Ho immaginato le persone intorno a lei sicuramente sensibili e affettuose vista la sua espressione tranquilla.

Dopo averla lasciata ho riflettuto sulle numerose persone anziane che si trovano in situazioni ben diverse, sia a casa che in strutture sanitarie.

Ho pensato che non è importante il luogo che accoglie gli anziani ma l’amore che ricevono.

Sono sempre stata contraria alle case di riposo.

Ho costantemente lottato perché i vecchi rimanessero con i parenti, poiché ritengo che siano una risorsa per i figli e i nipoti, convinta che la loro presenza, seppur fragile e malaticcia, arricchisca d’umanità e di conoscenza chi li circonda e aiuti loro stessi ad avviarsi serenamente alla conclusione della loro esistenza.

Ma non ho considerato due fatti importanti: lo sconvolgimento dei rapporti e la perdita dei sentimenti nella nostra società.

È bello, certamente, quando i genitori rimangono in casa assistiti dai figli, dai parenti, ma solo se con abnegazione e amore.

Se all’interno delle famiglie s’insidiano come serpi velenose conflitti, a volte generati inconsapevolmente dai genitori stessi, gelosie, interessi e malignità, che senso ha lasciare gli anziani ai parenti?
Se questi ultimi, presi dalla loro vanità e dal loro egocentrismo, non si accorgono delle reali esigenze delle persone di una certa età, ha senso trattenerli in casa e fargli subire i contrasti dei loro figli?

Se alla famiglia manca il sentimento della vita più profondo e i suoi vari membri non riescono più a soffermarsi a dialogare, presi dalla loro incessante corsa-rincorsa di una vita velocizzata, diffidente e vuota, che senso ha riversare la loro incapacità di amare sui vecchi?
Ebbene io ritengo, con molta tristezza, che gli anziani debbano essere sottratti a chi non li merita e che siano inevitabili le strutture dei servizi su cui si basa la vita contemporanea se si è incapaci di costruirsi e mantenersi un rapporto di affetti.

Condividi i contenuti
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *