Questa nuova realtà

Qualche giorno fa…
Vicino casa c’è un fruttivendolo, da anni. Ci andavo a piedi, quando mi mancava qualcosa in cucina, era anche un pretesto per fare due passi. Ci sono stata, ero senza verdura e lui, in questo periodo, espone in negozio gli asparagi della sua campagna. Sono rimasta fuori aspettando che l’unica cliente finisse e andasse via. Nel frattempo è arrivata un’altra acquirente. Si è messa in attesa a distanza dietro di me, rispettando la fila. In quel momento ho avuto un colpo di tosse, a volte mi succede, da sempre, in quel caso devo mangiare qualcosa, è come un orologio che mi ricorda i miei ritmi. La signora, nonostante io abbia tossito dentro il gomito piegato, mi dice: “Sulla porta del negozio c’è scritto che bisogna portare la mascherina”, le rispondo che non riesco a trovarne una e che fra poco, per fortuna, l’avremo tutti e la rassicuro sulla natura della mia tosse in quel momento innocua. Sorride e nello sguardo leggo il mio stesso stato d’animo nel momento degli “arresti domiciliari”. Neanche lei ha la mascherina. Silenziosamente vediamo arrivare un’autombulanza. Intorno silenzio assoluto. Non una finestra aperta, nessun essere animato si aggira per strada. Solamente, in un angolo, poco distante, come uno straccio abbandonato, un uomo, un vagabondo approdato in paese da alcuni mesi che, fino a poco tempo fa sembrava contento essendo stato “adottato” dalla gente del posto che non gli faceva mancare niente. In quel momento, solo, immobile, con i suoi stracci, aveva lo sguardo vitreo che si perdeva nel nulla. L’autombulanza si è fermata nei pressi di una casa lasciando il motore acceso. Io e la donna, uniche testimoni, non riuscivamo a staccare gli occhi da quella scena. Da lì a poco abbiamo visto caricare una barella
e subito dopo scomparire. Non una parola tra noi.
È arrivato il mio turno. Ho acquistato gli asparagi e le uova e sono andata via. Ritornando ho osservato ripetersi in un’altra casa la scena di prima: un’autombulanza del 118 arriva in silenzio, carica una barella e riparte. Intorno niente. Queste scene hanno avuto il potere di angosciarmi più di tutte le notizie che ascolto sul Coronavirus da quando ha incominciato a seguirci.
Non ho potuto evitare di associare le immagini di Manzoni sulla peste che mi sono rimaste impresse ai tempi del liceo, leggendo i Promessi Sposi. In quel momento l’autombulanza mi è apparsa come il carro che portava gli appestati al lazzaretto. Ho pensato che non era proprio il caso di uscire più, neanche per la spesa, l’avrei richiesta online, era insopportabile il vuoto e il silenzio totale delle strade.

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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