La Tubercolosi ci insegna…

Al tempo della tubercolosi…

La tubercolosi, in realtà, non fu mai completamente sconfitta, nonostante i vaccini.
All’ inizio del Novecento fu un grave problema sociale oltre che sanitario. L’ignoranza e la paura che la circondavano spingevano la gente ad isolare tutta la famiglia che aveva un membro in sanatorio, poiché l’alto contagio aveva convinto che fosse una malattia ereditaria.
“…Ad un certo punto un destino malvagio si abbatté sulla famiglia: la malattia e la morte di un fratello che Don Ciccio adorava e di una sorella, la terza, molto bella, giovanissima, per tubercolosi. Allora non c’erano sufficienti divulgazione e conoscenza e, poiché si ammalò un’altra sorella (curata poi efficacemente in un sanatorio a Genova), la famiglia restante fu completamente isolata dai compaesani, convinti che la tubercolosi fosse ereditaria. Anche i fidanzati delle belle giovani si dileguarono….Allora la gente si comportò con cattiveria per ignoranza. .. In seguito, quando le conoscenze sulla malattia furono più certe, si seppe che non era ereditaria ma contagiosa e curabile, se presa in tempo, isolando i contagiati in sanatori, dove venivano curati fino a completa guarigione …”, tratto da “Marvicio, un giovane di Calabria, di Caterina Condoluci.

Gli ammalati, quindi, erano curati in sanatori, dove venivano isolati fino a completa guarigione. Certo se li avessero curati in ospedali dove convivono ammalati diversi, in un continuo andirivieni di personale sanitario, ammalati, personale amministrativo, tra lunghe e medie degenze, sarebbe stata una strage.
Mi chiedo solamente e mi piacerebbe essere rassicurata: “Ha senso continuare ad ospitare gli ammalati di Coronavirus negli ospedali, anche se in appositi reparti, o non sarebbe meglio che ci fossero “sanatori esclusivamente per affetti da Coronavirus?”

E le case? Come possono gli appartamenti, spesso piccoli e con un bagno angusto ed essenziale, garantire un minimo di forme igieniche sicure per una famiglia di più persone? E’ urgente e necessario  un isolamento quarantena anche per i familiari in luoghi sicuri. Ho paura, ma il mio rimane un parere di semplice cittadina pensante, che andando avanti così, tra case e ospedali, i tempi si dilateranno e solo un tempestivo farmaco potrà essere risolutivo.

Rimane la mia grande solidarietà a tutti coloro che sono più a rischio in questo momento per salvaguardare la salute dei cittadini.

 

 

 

 

 

 

 

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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