L’architettura può contribuire a rendere liberi l’uomo e la donna?Intervento di Monica Carmen architetta, redattrice di BIOARCHITETTURA

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Bioarchitettura e Monica Carmen

 

 

Qualche tempo fa, in occasione dell’8 marzo, ho coordinato un incontro alla libreria Lovat di Treviso su come Contribuire a rendere la donna e l’uomo più liberi nella società contemporanea. I vari relatori hanno dato il loro contributo in campi diversi: letterario, giuridico, musicale, antropologico, poetico…

Tra questi oggi cito l’intervento di un’architetta, Monica Carmen, che in quella circostanza rappresentava Bioarchitettura di Bolzano, su come L’architettura può rendere l’uomo e la donna più liberi. L’argomento incuriosiva il pubblico. Monica Carmen ha presentato un progetto inedito e affascinante: la  riqualificazione di piazza  San Vigilio nel quartiere di Oltrisarco a Bolzano, risultata dai suggerimenti e dalle esigenze della gente nel loro vivere quotidiano. E siccome nella città vi erano abitanti provenienti da diversi parti del mondo, la realizzazione di tale spazio era anche esempio di reale integrazione.

La piazza sarà inaugurata il 20 gennaio 2017. Riporto qui di seguito l’intervento di presentazione di Monica Carmen del progetto di Bioarchitettura da Lovat.

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Monica Carmen, architetto, redattrice di Bioarchitettura

8 marzo

Libreria Lovat

 

L’architettura può contribuire a rendere liberi l’uomo e la donna? Esempi concreti

Ogni città, ogni ambiente costruito e ogni edificio materializzano idee, aspirazioni, stili di vita ma anche timori, pregiudizi di una società. Una piazza, una strada, le pareti di una stanza possono accoglierci, spingerci ad entrare oppure “re-spingerci”, farci sentire insicuri. Così, uomo o donna, ci sentiamo “liberi” se, ad esempio, seduti in un caffé possiamo leggere indisturbati, se camminando non veniamo molestati, se sappiamo di condividere una condizione di mutuo rispetto con altre persone anche se non le conosciamo personalmente.

Ogni edificio inoltre ci racconta, a seconda di come è costruito e dei materiali utilizzati, che rapporto abbiamo con il nostro ambiente, su cosa basiamo la nostra economia e soprattutto qual è il nostro rapporto con la natura e quindi con la parte più autentica e profonda di noi stessi.

Negli ultimi decenni i cambiamenti sociali derivati dalla crisi economica e dalla forte immigrazione da un lato, e la consapevolezza dall’altro della limitatezza e non riproducibilità delle risorse primarie, ci inducono a rivedere la gerarchia dei valori che guidano le nostre azioni, fondano le nostre relazioni, la nostra identità. Si rinforza l’esigenza di salvaguardare il nostro ambiente e allo stesso tempo costruire un nuovo senso di comunità.

Bioarchitettura è una filosofia e un modo di operare che pone al centro dei processi di costruzione la persona e l’ambiente: da un lato, opera per creare spazi inclusivi, in grado cioè di accogliere una comunità diventata ormai eterogenea; dall’altro opera per diffondere l’uso di materiali non inquinanti, tecnologie costruttive che usino risorse rinnovabili, focalizzate sul risparmio energetico e sul comfort abitativo.

 

Rigenerare, conoscere, produrre senza distruggere, riciclare. Questi i valori che guidano il modo di operare della bioarchitettura la quale considera l’ ambiente naturale e l’ambiente umano come sistemi che appartengono alla medesima “rete della vita”.   È un approccio femminile o meglio “femmineo” al tema dell’architettura, fondato sulla relazione tra essere  vivente e madre terra, una relazione di mutuo riconoscimento e rispetto. Tuttavia è un femmineo che travalica i generi e i sessi, appartiene all’essere umano e va recuperato nella sua valenza profonda. È un approccio fondato sulla curiosità anziché sulla paura.

Nella nostra società diventata eterogenea, spesso occorre superare reciproche diffidenze,  e riscoprire, attraverso processi partecipativi, valori comuni che sostengano la convivenza.

 

Un caso concreto che può aiutare a comprendere questo approccio è il progetto di riqualificazione di piazza San Vigilio nel quartiere di Oltrisarco a Bolzano. Il quartiere, a vocazione soprattutto residenziale, ha uno dei suoi fulcri in questa piazza adiacente alla chiesa e a un grande parco.  La piazza da diversi anni era soggetta ad incuria e vandalismo che amplifica la percezione diffusa di degrado sociale.

A partire dall’autunno 2012 l’Assessorato all’Urbanistica, per la riqualificazione di questo spazio, ha scelto la via della partecipazione attraverso la creazione di laboratori aperti ai cittadini  per delinearne l’uso, la funzionalità, immaginarne la trasformazione.

La creazione di laboratori e la partecipazione di gruppi assai eterogenei per età, provenienza, situazione lavorativa, ha permesso l’incontro di persone diverse che hanno iniziato a conoscersi e a riflettere sul futuro possibile del quartiere.

 

Le proposte emerse dai laboratori sono state tradotte in un progetto definito “arena multifunzionale” ossia uno spazio vivibile nell’arco delle diverse ore del giorno e in modo diversificato a seconda di chi lo frequenta. La proposta si basa su un intervento minimale che permette la ridefinizione delle proporzioni della piazza e la creazione di due aree principali attraverso la realizzazione di una rampa attrezzata, trasversale alla piazza, che porta a un giardino pensile. Qui viene realizzata la zona coperta, un’area di sosta per gli anziani, i giochi per i ragazzi, sedute multiuso integrate nel terreno. Sull’altro lato invece, con un intervento altrettanto minimale che prevede la realizzazione di una pedana in calcestruzzo colorato , si predispone una zona per la realizzazione di piccoli eventi.

Con i partecipanti sono stati poi discussi materiali e colori e la creazione di una ulteriore area verde.

L’intervento segna l’inizio di un processo di riqualificazione del quartiere che coincide con una nuova consapevolezza da parte degli abitanti delle qualità del loro ambiente, di come rapportarsi ad esso , di come “abitarlo”.

Abitarlo nel rispetto e nella consapevolezza delle differenze, uniti nella capacità di trasformarlo.

 

 

 

 

 

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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