Caterina Condoluci dialoga con Lara Nicoletti su “LA CASETTA COLOR SENAPE”

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 L. N. – Nelle tue opere, traendo ispirazione da testimonianze di vita vissuta, indaghi nell’animo delle persone per giungere ad affrontare temi sociali. “La casetta color senape”, pur essendo una fiaba, ne presenta le stesse intenzioni che in questo caso nascono da un bisogno personale. Ce ne vuoi parlare, Caterina?

 C. C. – E’ il bisogno di raccontare, di scrivere per esprimere sentimenti, desideri forti da non riuscire a tenere dentro di me. 

Da piccola ascoltavo tante storie che mi incantavano: da mio padre, mia madre, le mie zie. Ho iniziato a narrare e ancora oggi racconto storie così come le osservo ma, soprattutto, come le sento. Ho imparato, in questo modo, che noi esseri umani sappiamo essere a volte crudeli, a volte meravigliosi. Nel mio lavoro, comunque, è sempre presente l’emozione: all’inizio, quando ho un’intuizione, e mentre scrivo.

L. N.  In questo lavoro ti sperimenti in un genere, la fiaba, per te inedito Cosa rappresenta la fiaba, perché hai   scelto tale tipologia testuale?

C. C. Perché si rivolge a grandi e piccini, provoca emozioni, fa sognare, ha una conclusione felice…

 Nella società contemporanea velocizzata, incerta, diffidente e conflittuale, riscoprire la lettura della fiaba può         aiutare a vivere con più umanità.

 L. N. – Attraverso una fiaba continui ad affrontare dei temi a te cari che anche i giovani lettori, analizzando il      testo, possono individuare e sui quali riflettere.

C. C. – A questo proposito desidero precisare che per il libro hai realizzato una scheda didattica per le scuole, disponibile su richiesta all’editore.

Vuoi presentare il tuo lavoro?

L. N. – La scheda didattica che ho elaborato per “La casetta color senape” presenta dei suggerimenti operativi per entrare nel racconto, analizzandone gli elementi fondamentali – i personaggi, il luogo e il tempo – e giungere all’individuazione delle tematiche affrontate dalla fiaba, sulle quali approfondire la riflessione.

Lo strumento proposto vuole essere solo uno stimolo, un input affinché gli insegnanti possano esprimere pienamente la loro libertà d’insegnamento decidendo non solo di seguire il percorso in modo completo o parziale, ma soprattutto scegliendo la metodologia didattica da adottare per i propri alunni. Dal mio punto di vista, infatti, questo è l’aspetto che dà valore e fa la differenza nel processo d’insegnamento/apprendimento.

Con i miei ragazzi, per esempio, ho utilizzato il cooperative learning, il lavoro in gruppi cooperativi.

Ritorniamo alle tematiche della fiaba.

Innanzitutto il tema delle relazioni, inserito in un contesto familiare, si sviluppa per tutto l’arco della vicenda. Inizialmente la storia si concentra sul legame unico e speciale tra una nonna e la sua nipotina, ma successivamente la rete relazionale si allarga agli altri personaggi che entrano in scena.

Descrivi i regali che la nonna dona a Carmelina e le storie che lei racconta con un oggetto semplice ma prezioso perché appartiene al passato ed è ricco di ricordi, che la voce recitante di Valeria Romano nel cd presente nel libro, mostra sapientemente

C. C.  – Il cd di Valeria Romano completa il libro ed è un valido strumento per chi ha difficoltà di lettura, poiché può ascoltare la fiaba.

 L. N. – E’ evidente in Carmelina la gioia nel ritrovare chi le dedica attenzione e affetto, ascolto e condivisione, pazienza e fermezza. Il testo offre dunque diversi spunti pedagogici. A nonna Lucia è sufficiente una foto o qualche oggetto antico, per condurre Carmelina in un mondo per lei lontano e fiabesco. I regali più preziosi che la nipotina riceve dalla nonna sono i dolci fatti in casa, un maglioncino a ferri…

Questa realtà semplice ma carica di sincero amore dona alla protagonista, e in generale ai giovanissimi, una sensazione di benessere e sicurezza in cui da adulti troveranno le risorse per affrontare i momenti faticosi, le frustrazioni. Emergono dunque con chiarezza quali sono le valenze educative su cui investire nel presente, affinché i giovani sappiano maturare un’intelligenza del cuore e da adulti siano in grado di individuare le autentiche priorità.

Nella prima parte della fiaba ti concentri sul rapporto nonna-nipote, in seguito conduci il lettore all’analisi delle più ampie relazioni familiari quando, molti anni dopo, Carmelina è adulta e ritorna al suo paese in occasione del Natale. Tutta la famiglia si ritrova, com’è usanza, in casa della nonna, ma è una festa silenziosa. Non ci sono le voci gioiose dei nipoti, le chiacchiere chiassose degli adulti; la narrazione non presenta dati uditi, è priva di suoni e rumori. I personaggi si ritrovano per una festa com’è palesato dalla tavola imbandita di leccornie, ma quest’abbondanza è accompagnata dalla povertà affettiva tra i presenti, dalla mancanza di sincero interesse reciproco.

Caterina, questa parte è intensa ed emerge, per contrasto, ciò che per te rappresenta la famiglia. Dipingendo un quadro a tinte scure lasci, infatti, intravedere il valore che la famiglia ha per te.

C. C. Certamente per me la famiglia rimane molto importante nella nostra società.

Ma quale?

L’idea che nelle nostre menti è rimasta della famiglia e con la quale tendiamo a confrontare quella attuale è sicuramente quella del passato, considerata la cellula della società.

Il suo caposaldo era il matrimonio e il suo fine era la procreazione.

Non è più così. La famiglia oggi è cambiata, continua a modificarsi e non ha più un unico modello di riferimento. In realtà non ha le esigenze del passato ma si basa su rapporti dettati dalla civiltà consumistica.

Oggi occorre comprare tutto ciò che serve per vivere, poiché mancano i legami sociali e, in una società velocizzata e competitiva, non c’è più tempo per stare assieme in modo disinteressato per donare e ricevere affetto e sentire di contare per qualcuno e, quindi, di esistere.

E’ il momento, forse, di fermarsi e di chiedersi se, partendo dalle fragilità dell’uomo e della donna, si può ripartire e creare un nuovo umanesimo, dove si parla di donne e uomini socialmente uguali, ma con ruoli diversi, in una società reale, basata su un sistema di vita e di valori fondato sui rapporti tra persone. Allora, forse, potremo parlare nuovamente di nucleo famigliare utile per se stessi e per chi sta intorno.

L. N. – Nel racconto inserisci inoltre dei riferimenti all’uso del cellulare portando alla riflessione i vantaggi ma anche i rischi dei nuovi mezzi di comunicazione.

C. C. – Una premessa: non sono contraria alle nuove tecnologie, anzi ne faccio largo uso e, nel secolo delle immagini in cui viviamo, non credo che bisogni temerle o demonizzarle ma conoscerle.

Sono contraria, però, al loro utilizzo indiscriminato, consumistico che risulta un vero e proprio attacco alla riflessione, diminuendo i tempi d’attenzione e, in moltissimi casi, la capacità d’analisi. Certo non sono d’accordo all’uso del cellulare mentre mangiamo o stiamo con gli altri in una distrazione continua rispetto a ciò che in quel momento stiamo vivendo, mancando di attenzione a chi ci sta vicino. Rischiamo, così, d’immiserire il nostro rapporto con il mondo circostante e di non essere più esseri umani ma surrogati privi d’immaginazione.

Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che i cellulari che portiamo sempre con noi sono progettati assieme agli addetti al marketing che ben calcolano i nostri impulsi affettivi per mantenerci ed esasperarci consumatori. In questo modo rischiamo di provare in termini di emozioni ciò che è stato progettato che noi provassimo e comprassimo, nell’impossibilità di abbandonare gli schemi che ci impongono. Sempre più velocemente e miseramente. Il pericolo che corriamo è di perderci in una società che uccide i sogni personali nel continuo paragone o competizione con gli altri.

L. N. – Dall’inizio della fiaba, in cui Carmelina è bambina, alla festa di Natale c’è un ampio salto temporale che genera dei profondi cambiamenti nella società.

C. – E’ così. Un ampio spazio temporale, recuperando i ricordi.

Nella fiaba ho voluto far emergere la dimensione della memoria e degli affetti e, quasi sottovoce, una linea critica storica e sociale.

In un mondo velocizzato, in cui tutti sono insoddisfatti di tutto, ossessionati dalla pressione collettiva, dai luoghi comuni, sempre in cerca di qualcosa di nuovo, spesso inutilmente, Carmelina mantiene il suo valore profondamente umano.

Com’è avvenuto ciò?

Perché ha avuto un substrato di vissuto e di legami forti, basati sull’amore, sulla condivisione e sul fare che, da adulta, nella giungla della vita, le hanno consentito di mantenersi se stessa, quando le difficoltà sembravano sfuggire al suo controllo.

Carmelina, inoltre, recuperando i ricordi, mantiene intatta l’etica della responsabilità.

L. N. – Nella fiaba ci sono diversi riferimenti alla povertà…

C. C. – Nella mia fiaba compare più di una volta la povertà in diverse sembianze.

Intanto una premessa: non bisogna confondere la sobrietà con la povertà.

La casa di nonna Lucia era piccola, sobria ma ricca di affetto. Lì Carmelina  aveva avuto un’educazione basilare delle cose autentiche, utili e piacevoli della vita; lì aveva avuto i beni necessari  non superflui  per vivere e un mondo di gioia, di benessere che la aiuterà per tutta la vita. Lì aveva imparato a conoscere per scegliere, distinguere, indignarsi e rifiutare, come vedremo nella fiaba.

La casetta rinnovata con mobili moderni ma sbrigativi che danno una parvenza di nuovo a tutti i costi è in realtà priva di sorriso e di dialogo, dove ognuno sta per conto proprio.

Chiediamoci, allora, cos’è il benessere, cos’è la povertà sia fisica sia mentale. 

Poi ci sono per strada degli stranieri, appartati a chiedere l’elemosina. E questa è miseria com’è miseria la superficialità dei nipoti che pensano solo a messaggi are senza guardarsi negli occhi, presi solamente dalla loro solitudine, immersi nell’equivocità di stimoli incessanti in un crescendo di sensazioni estemporanee.

L. N. – Il tempo dunque cambia la società e inevitabilmente anche la vita delle protagoniste. Carmelina diventa una donna, vive dei passaggi personali e professionali che ha scelto. Nonna Lucia invece subisce delle scelte altrui.

Nella brevità del testo, acquista intensità il tema dell’anziano nel momento in cui l’avanzare dell’età limita la sua utilità sociale. A tal proposito nel tuo blog hai anche pubblicato diverse riflessioni. Le vuoi condividere con noi?

L. C.Sì, ho già scritto nel mio blog su questa tematica, poiché mi preme molto e ritengo che i nostri nonni rimangano una risorsa anche quando sono ammalati e non più autonomi, con la loro ricchezza di ricordi e di umanità.

Attraverso i nonni si perpetua il racconto e il motore della nostra vita, la nostra memoria famigliare e storica.

Ai nostri figli e ai nostri nipoti racconteremo ciò che siamo riusciti a portare avanti da quello che i nonni ci lasciano di affettivo come pura eredità.

Penso che la loro serenità dipenda dalle persone che gli stanno vicino.

Come?

Gli anziani si legano in modo particolare a chi gli sta accanto e hanno bisogno di fisicità, di punti di riferimenti concreti. Perciò chi li segue ha un grande potere su di loro e una grande responsabilità, perché diventa gli occhi con cui i vecchi vedono la realtà, che può essere tranquilla, serena e conciliante o no.

Dipende.

 L. N. – E arriviamo al finale. Come tutte le fiabe “La casetta color senape” si conclude con il lieto fine che, ovviamente, non possiamo svelarvi.

Vorrei terminare con una riflessione personale sui personaggi secondari della fiaba, la cui evoluzione a sorpresa esprime chiaramente il messaggio del racconto.

I parenti entrano in scena apparendo come delle ombre, delle sagome prive di nome, se non alcuni, e privi di volto, non c’è, infatti, alcuna loro descrizione. Sono figure vuote, soprattutto di sentimenti, che si muovono come fantasmi.

L’evento magico, però, rende il finale lieto anche per loro.

Vi lasciamo immaginare come potrebbe concludersi la fiaba

 

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www.edizionilarondine.it/

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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