Quando non c’è possibilità di affidarsi completamente…

Ero, allora, all’inizio del XXI secolo, docente d’italiano e Storia. Il personale della Scuola era, ed è ancora, immagino, formato per la prevenzione delle tossicodipendenze attraverso incontri e dibattiti con esperti. In uno di questi corsi, ci furono consigliati diversi libri ma, ricordo, io fui attratta da uno che affrontava la dipendenza farmacologica. L’autore era un medico francese, esperto in materia, che aveva un centro studi e una clinica di recupero a Parigi. Il libro illustrava esempi significativi ed allarmanti riguardanti l’uso di alcuni farmaci che portavano alla dipendenza come le droghe.

Ricordo un esempio descritto, in particolare: una donna si presentò a lui, visibilmente preoccupata, chiedendo aiuto, poiché aveva sintomi evidenti di dipendenza e astinenza però giurava di non fare uso di droghe. Il dottore capì la sua situazione dopo aver visto le medicine che, durante una malattia, le erano state somministrate. La donna, iniziò subito un lungo periodo di recupero ma la guarigione, come per tutte le dipendenze, non era scontata.

L’autore, nella conclusione, avvertiva che, nel futuro, la dipendenza da farmaco, sarà uno dei problemi più gravi, descrivendo e anticipando una realtà molto pericolosa.

Non riesco, purtroppo, a trovare il libro. Avrei voluto rileggerlo, alla luce della realtà attuale.

Oggi, infatti, nonostante l’informazione diffusa a riguardo, di cui non si è fatto tesoro, pare sia esploso il problema della tossicodipendenza da farmaco e, in uno scenario surreale ma vero, si imputa, addirittura buona parte di responsabilità del ritorno dell’eroina all’uso disinvolto negli ospedali di antidolorifici simili per caratteristiche ad essa (vedi Lettura, 8 giugno 2019, art. di A. Coppola e G. Santucci “il business del dolore”).

Se ho ben capito, all’uscita dal nosocomio il paziente, al quale è stato somministrato il farmaco, è già tossicodipendente e, fuori, non ha difficoltà a reperire sul mercato delle droghe, l’eroina.

Quindi capita di entrare in ospedale, affidarsi fiduciosamente ai medici e, per colpa di alcuni di loro, uscire gravemente drogati e dipendenti.

Ora mi chiedo: “Se escludiamo anche i medici, naturalmente non voglio generalizzare, a chi possiamo affidarci per la cura della nostra salute?”.

Condividi i contenuti
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *