Ma la vecchiaia era già un problema…

Ma la vecchiaia era già un problema…

Nel passato la vecchiaia mostrando capelli bianchi e barba lunga per gli uomini, s’identificava con la saggezza; alla fine del proprio percorso ognuna/o possedeva sapere, conoscenza e competenze acquisite e accumulate nel tempo.

Ma nella nostra società contemporanea è diventata un problema ancor prima della pandemia del Coronavirus, non una risorsa come avrebbe dovuto essere, come era nel passato.

L’aspetto fisico dell’anziano, attestazione della proprio percorso da mostrare con orgoglio e che s’identificava con la pietas dell’uomo, divenne qualcosa di cui vergognarsi, una specie di handicap da nascondere, ricorrendo al lifting con l’illusione di ringiovanire ma che in realtà è omologazione, quando non crea dei nuovi mostri dall’aspetto orripilante.

Nell’inseguimento di un futuro senza meta, in una corsa assillante, senza tregua, verso tutto ciò che è nuovo, la vecchiaia si è identifica nel mondo contemporaneo con l’inadeguatezza.

E un peso economico, nella mente dei più.

Eppure gli anziani oggi rimangono il sostegno delle famiglie, dei figli, dei nipoti, essendo spesso il loro sostentamento per la loro stessa sopravvivenza in un mondo in costante crisi economica.

Sono, comunque, testimoni delle nostre esistenze e della nostra storia.

È mostruoso perdere, durante la pandemia del Coronavirus, la nostra memoria, i nostri vecchi, senza poterli onorare, lasciarli andare in solitudine, senza una carezza, senza la rassicurazione che la loro vita è servita a chi rimane, che non hanno vissuto inutilmente.
Senza esequie, un momento d’addio.
È atroce sapere, nel momento più vulnerabile della loro esistenza, di morire e di essere un numero, anche scomodo, nella collettività.
Eppure quel numero è stato un essere umano, un padre, un nonno, un lavoratore, un membro attivo nella nostra società.
Non è giusto, non è possibile assistere a questo ammasso di bare senza poter far niente.
Perché la nostra MEMORIA è la nostra ANIMA.
È anche per questo che IO STO A CASA, per permettere che la vita, anche quando finisce, abbia la dignità e la sacralità dovute.

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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