CONVERSAZIONE CON MAURIZIO PALLANTE

Maurizio Pallante

 

 

Riporto di seguito la trascrizione in sintesi della conversazione con Maurizio Pallante, in occasione della presentazione del mio libro Ritorno a Pellekinos a Torino, alla Fiera Internazionale del libro, 21 maggio 2017. 

 

 

 

 

 

Maurizio Pallante

Nel romanzo Ritorno a Pellekinos ci sono due filoni: in un filone sono storie personali, svolte in gran parte con protagonisti delle donne, e sono tre vite in cui l’aspetto della sofferenza prevale sugli altri aspetti anche se c’è una tendenza ad una salvezza primaria. Lo stesso tipo di dinamica mi sembra ci sia anche nella descrizione del paese in cui la protagonista ritorna, e lo trova notevolmente cambiato. Cioè nell’arco della vita di donne conosciute da ragazze e riviste nell’età matura c’è stato un cambiamento analogo del paese. Cambiamento che, al momento iniziale, in apparenza non sembra esserci stato ma che man mano che si va avanti, invece, svela tutta una serie di magagne, diciamo così, in parte nascoste e in parte affioranti inaspettatamente che costringono alla riflessione. Direi che questo romanzo lascia una riflessione su tre vite vissute e su un mondo vissuto. Mi sembra che in entrambi sia il mondo che le donne abbiano subito per quarant’anni, un’immane sofferenza.

Caterina Condoluci

Si, in effetti scrivere di donne, della loro sofferenza è un po’ una caratteristica della mia narrativa. Anche in Uomini e donne oltre la siepe succede. In Ritorno a Pellekinos ho scelto di soffermarmi su delle situazioni personali femminili che poi s’intrecciano con la storia. Perché? Perché è vero che il libro è un pretesto per parlare dei disastri ambientali, poiché la problematica ambientale oggi è urgente in Italia e nel mondo, ma è anche vero che, secondo me, il disastro maggiore è stato fatto sulle persone, sulla cultura e il risultato è la crisi mondiale che c’è adesso. Quindi ho voluto scrivere degli anni sessanta, per esempio, e racconto una storia significativa, proprio per far riflettere, perché quelli sono stati anni apparentemente di benessere ma, in realtà, hanno sconvolto la vita delle persone e oggi ne vediamo i risultati. E queste vite di persone, uomini e donne, sono divenute fragili a causa dei cambiamenti veloci e incontrollabili della nostra società. Ed è proprio da questa fragilità che, secondo me, dovremmo ricominciare. Prima di parlare di economia e di questioni tecniche bisogna soffermarsi su quella che è la crisi culturale degli adulti, e poi dei giovani, per poter intervenire e poter contribuire ad un cambiamento, incominciando dal linguaggio, iniziando dalle famiglie e sopratutto dalle scuole.

Maurizio Pallante ha detto prima che alla fine, in Ritorno a Pellekinos, c’è sempre un’evoluzione positiva; questo è strettamente collegato alla mia lunga attività di docente che ricordo con immenso piacere. Un insegnante, a mio avviso, deve credere che le cose possano mutare e deve intervenire perché migliorino, altrimenti deve cambiare lavoro. Quindi nei miei libri è vero che mi soffermo su tante cose negative, su tante tragedie ma lasciando sempre uno spazio per un’evoluzione positiva.

Maurizio Pallante

Questa corrispondenza tra il disastro creato da una società che ha finalizzato la felicità alla crescita economica, al denaro è, diciamo, parallela eccezionalmente al disastro sull’ambiente. Non ci sarebbe potuto essere un disastro ambientale di questo genere che spieghi in maniera drammatica perché addirittura si arriva …nel senso che si arriva a versare rifiuti, scorie nucleari nel mare, se non ci fosse stato un disastro all’interno delle persone. Perché le persone che hanno un sistema di valori non appiattiti non avrebbero potuto accettare l’evoluzione in questo genere di società. C’è una sorta di rispecchiamento tra quello che avviene all’interno della società e quello che viene all’esterno della persona. E questo elemento della speranza a me ricorda un verso molto bello di una poesia di Pasolini: “Ché non c’è mai disperazione senza un po’ di speranza”. Cioè le persone che non avvertono la tragedia di quanto sta avvenendo, sono indifferenti, perché sono stati omologati, perché il sistema dei valori ha ceduto al denaro, non hanno speranza in quanto non sentono disperazione perché non si coinvolgono nel dramma che succede. Mentre i personaggi che si coinvolgono cominciano a rendersi conto che, al di sopra dell’apparenza luminosa, con questo sole… che c’è qualcosa che non funziona e non restano indifferenti. Si coinvolgono e credo che la speranza a cui Caterina giunge alla fine di questo romanzo sia proprio la disperazione.

Caterina Condoluci

Si, è la disperazione con la coscienza finale della fragilità dei personaggi, come ho già detto… e secondo me dovremmo proprio iniziare da questa consapevolezza per creare una nuova umanità… un nuovo umanesimo delle persone. Questa è la mia idea. Il fatto che nella stessa persona convivano il dott. Jekill e mister Hyde, per quanti hanno voglia di leggere il libro e scoprirlo, e nel mondo contemporaneo sono ancora più evidenti più forti, in un momento storico in cui abbiamo tante insicurezze della vita contemporanea ma tante incertezze di quello che sarà il futuro. Non è mai successo ciò in un modo così evidente, così forte e veloce. E quindi la consapevolezza delle proprie fragilità per costruire un mondo più forte, secondo me. è fondamentale.

Maurizio Pallante

Vediamo questa speranza . Sono tre elementi che vengono fuori nella parte finale del romanzo di Caterina Condoluci. Primo i bambini, secondo la musica, il recupero di uno strumento tradizionale che simboleggia la necessità di riallacciarsi a delle cose tra futuro e passato .. che hanno una validità che può aiutare a dare forza e concretezza a questa speranza. Bambini, musica e tradizione : mi sbaglio?

Caterina Condoluci

No, assolutamente. Ma vorrei fare una premessa: io amo sempre presentare i miei libri, a parte questa bella cornice del festival di oggi, con diverse forme artistiche e con la musica, perché amo trasmettere emozioni. Amo provarle, quando scrivo, e amo trasmetterle. Io parlo sempre di emozioni, ma quali emozioni? Le emozioni possono essere anche quelle del consumismo continuo perché quando si compra un oggetto e poi un altro e poi un altro ancora ci si emoziona. Naturalmente non parlo di quelle sensazioni. Sto parlando di emozioni che sfociano nei sentimenti. e passano attraverso la solitudine della persona, che rimangono dentro e quindi spingono a riflettere.

Voglio dire qualcosa del recupero del passato dello strumento del bambino. Il bambino rappresenta il futuro. Egli ha un ruolo importantissimo per il finale del libro, perché è un motivo di grande riflessione. Lo strumento che suona è il flauto doppio che non solo richiama una parte del Mediterraneo ma è anche costruito in casa, rimanda alla musica inventata, al vissuto, alle tradizioni e questo non è nostalgia, è non buttare ma recuperare tutto ciò che è stato la nostra memoria storica per costruirci, per andare avanti con le cose che veramente ci fanno star bene.

Maurizio Pallante

Mi viene in mente una riflessione su cosa significa la parola memoria. Come tu hai detto si unisce alla parola ricordo che deriva dalla parola cuore e non a caso noi la traduciamo… ,imparare a memoria in francese si dice imparare con il cuore..

Caterina Condoluci

Effettivamente mi hai dato lo spunto per dire una cosa che mi preme molto, a proposito di ricordare “con il cuore”: io direi, anche, apprendere con il cuore. Permettimi un intervento sulla scuola, me lo sono guadagnato…Ho insegnato per quarant’anni, ho fondato un’associazione per il disagio dei giovani, continuo a circondarmi di giovani perché loro sono il nostro e il loro futuro… se nell’insegnamento non si parte dal coinvolgimento individuale, se la scuola non prende atto che non è uno scatolone dove si mette ansia ma deve partire dal moto del cuore, dando senso ai contenuti che si insegnano e far venire la voglia di apprendere, e non lo dico io, lo diceva Socrate, Aristotele, Montessori, Don Milani; se non si fa ciò, il superamento della crisi culturale, a mio avviso, non avverrà.

Quindi tu affermi:”Ricordo con il cuore”, io dico, anche:” Apprendo con il cuore”.

Maurizio Pallante

A questo punto un’osservazione, poi credo che chi avrà voglia di approfondire potrà leggere il libro. A me sembra che tutto sommato tutta la storia del libro è un contrasto tra disarmonia e armonia. La disarmonia che si crea nel rapporto degli esseri umani tra di loro, anche nel rapporto di coppia; la disarmonia che si crea nei rapporti degli esseri umani e il mondo, invece l’armonia che è contenuta in queste tre idee che a me sembrava d’ individuare nella speranza conclusiva: l’armonia della musica, del rapporto che c’è stato nel passato di una violenza contro l’ambiente e l’armonia che c’è in un bambino, che suonando uno strumento musicale tradizionale, dimostra di non essere omologato al sistema attuale. Questi tre elementi di armonia, alla fine, prevalgono sulla disarmonia descritta in tutte le parti del libro e che ha un riscatto nella parte finale. Dostoevskij diceva :”La bellezza salverà il mondo”, Caterina dice:”L’armonia salverà il mondo”.

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Caterina Condoluci

Caterina Condoluci vive da oltre trent’anni nel Veneto, dove ha esercitato per lungo tempo la professione di docente di italiano e storia. Appassionata d’arte e di letteratura, attualmente si dedica alla scrittura come testimonianza di vita.

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